LA REGALITÀ DELLA LUNA

Il presente articolo prende le mosse da alcune considerazioni sulla funzione lunare in Astrologia, che fin da Tolomeo indica la sfera femminile/materna, e che la moderna astrologia ha seguito dandone una valenza assoluta di femminilità/maternità che ne assorbe tutte le caratteristiche, adombrandone al funzione di portatore di Luce, di signore dello scorrere del tempio, e non ultimo, ma non solo, di fertilità. La Luna, così come il Sole, esprime un principio luminoso diretto, visibile, estremamente più potente degli altri pianeti (almeno per quelli visibili utilizzati in classica) e la Luna, ben lo vediamo nel segno del Cancro, vuole visibilità e centralità, tanto quanto il Sole.

E’ iniziato tutto con una lettura di un articolo accademico su alcuni demoni di epoca neo-assira, i Sebitti, e la loro “capacità” di provocare le eclissi. L’articolo è dell’assiriologo J.Z. Wee dal titolo “ Grieving with the Moon; Pantheon and politics in The Lunar Eclipse”.

L’analisi scientifica traccia delle linee di decifrazione di carattere politico circa la valenza delle eclissi come periodi di pericolo per la vita del Re, fosse questo assiro che straniero, e la loro natura politica, eventuale strumento sacerdotale per il sovvertimento del potere.

Tralascerò queste peculiari considerazioni e riporterò solo l’analisi del testo riportato nell’articolo del “Mito dell’eclisse Lunare”, un componimento che si trova all’interno della sedicesima tavoletta (d’argilla) della serie di incantesimi “Utukkū Lemnūtu” ovvero contro “demoni malvagi”. Secondo il Mito l’eclissi rappresenta un attacco al dio-Luna Sin da parte del gruppo di demoni antagonisti detti Sebitti (lett. “i Sette”). Tra i vari demoni malvagi, i Sebitti, scritto anche come Sibitti o Sebittu, sono i sette guerrieri della mitologia sumera, guidati dal dio Erra. Figli di Anu e Ki, il padre diede loro destini fatali e temibili e li pose sotto il comando di Erra. Infatti appaiono considerevolmente citati nel cosiddetto Poema di Erra.Questa una definizione molto semplificata nella complessa questione delle origini dei Sebbiti che rimando alla lettura diretta dell’articolo proposto.

In epoca tarda furono associati in virtù del loro significato numerologico di sette anche alla costellazioni delle Pleiadi, ed appaiono come “responsabili”, tra le varie cose, anche delle eclissi, almeno nel testo riportato da Wee.

Il fenomeno dell’eclissi come oscuramento del luminare che determinava in epoca Sumerica lo scorrere ed il calcolo del tempo, era associato alla persona del Re sia in termini simbolici che mitologici. Una eclissi poteva causare la deposizione del Re, che secondo una pratica comprovata, veniva sostituito con un contadino, che ne prendeva provvisoriamente le veci, assumendosi il carico delle conseguenze. Wee inoltre si chiede se all’interno del testo del Mito dell’eclissi l’uso ripetuto del verbo tebû per descrivere le “tempeste” di Sibitti, abbia avuto un doppio significato, dal momento che il nome derivato tību indicava anche “rivolta” militare o ribellione.

Il pericolo era determinato dal fatto che la figura del Re era identificato con il dio-Luna, come riportava già nel 1976 Thorkild Jacobsen , e l’eclisse del Luminare principe, donatore di regalità, era un enorme rischio per chi la deteneva.

Il dio-Luna, che nella cosmologia sumerica era di genere maschile ed aveva creato Shamash, il dio Sole, appare come un principio antecedente, diciamo prioritario, per meglio dire “principe”, rispetto all’altro luminare, che nella nostra cultura rappresenta la regalità e l’unico principio maschile con forte relazione al comando: il Sole. 

Nella cultura mesopotamica il Re è designato come “figlio” del dio-Luna e ne condivide  le sue prerogative sia nel sostegno e che nella protezione divina dell’umanità. L’incarnazione del dio-Luna e del re era naturale, poiché la divinità  Sin era affiliata con l’idea di regalità fin dai tempi sumerici.

La cosa interessante che vorrei riportare in questo articolo è che la parola per “corona” (agû) di un re, per esempio, era usata per descrivere i vari aspetti della Luna nei vari stadi del ciclo lunare. Il re, “come sempre risplendente Nannaru, porta lo splendore sulla sua testa”.  La corona sul capo del Re, come la Luna, risplendeva, testimoniava la sua valenza di princeps, il primo, il più grande, così come il primo era stato il dio-Sin. Come notato sopra , vari fenomeni visibili della luna sono stati descritti usando il termine per “corona” di un re (agû), come una corona dunque il fenomeno dell’eclissi lunare poteva essere simbolo appropriato per l’oscuramento del Re  e della sua” corona “, cioè la sua regalità. Sia il Re che il dio-Luna erano uniti nella loro benevolenza per il paese, in contrasto con la distruzione sfrenata delle terre da parte di Sebitti. 

Nel Mito dell’Eclissi inoltre si descrive il dio-Luna Sîn come “colui che ama il seme dell’umanità, la vita della terra”. Fa eco di questo sentimento, un altro passaggio in cui si dice che il re, “come Nannaru-Sin, detiene la vita della terra”.

Il principio lunare, più che squisitamente di genere femminile, in epoca preclassica, era sicuramente legato al concetto di fertilità, capacità di generare e come rappresentante del concetto di vita, di scandire il tempo ed illuminare il buio. 

Il mensile spostamento fisico della Luna indicava lo scorrere del tempo, e seppur in epoca tarda seleucide il calendario mesopotamico divenne luni-solare, in epoca sumerica e per molti secoli dopo vi fu un costante utilizzo del calendario Lunare ( vedi J. M. Steele). L’inizio del mese lunare era determinato dalla comparsa della prima falce di Luna.

Breve accenno di cosmologia mesopotamica.

Per chi fosse arrivato fin qui nella lettura un particolare ringraziamento ed un breve accenno per orientarsi nella complicata ( e stratificata visto i millenni da cui è formata) cosmogonia mesopotamica, tratto dal libro “The Treasures of Darkness-A History of Mesopotamian Religion”, di Thorkild Jacobsen.

I quattro più antichi dei mesopotamici, An, Enlil, Ninhursag ed Enki, sono le divinità che insieme presero le grandi decisioni esistenziali, ed erano la rappresentazione divina  dei principali elementi cosmici: i cieli superiori, le tempeste che dominano l’atmosfera, il terreno roccioso e le fluide acque dolci. La massima autorità era detenuta da  An, il padre degli dei. Il grado successivo era di Enlil, suo figlio. Solo Enki, che fu incluso nel gruppo molto tardi (all’inizio del secondo millennio), non aveva un’autorità innata; era un figlio più giovane e valente nel suo ingegno.

I poteri degli elementi cosmici minori – la luna, il temporale, il sole, la stella del mattino e della sera – sono visti come nipoti e pronipoti di An. La più antica di queste giovani generazioni di divinità era il dio della Luna, Nanna o Suen = un nome in seguito contratto con Sin – il figlio primogenito di Enlil. A sua volta Sin generò Shamash, il Sole.

Nanna sembra riferirsi specificamente come la luna piena, come la mezzaluna,ma è presente anche un terzo nome, A š – i m 4 – b a b b a r, come la nuova luce. A Nanna veniva regolarmente dato il nome di “padre”; in genere è “Padre Nanna”. Il timore reverenziale che poteva ispirare ben si coglie in un discorso sumerico che lo saluta con queste parole:

O tu, che, perfetto nella padronanza, indossi una corona giusta, un volto meraviglioso, una fronte nobile, una forma pura piena di bellezza! La tua imponenza si trova imposta su tutte le terre! La tua gloria cade sui cieli limpidi! Il tuo grande nimbo è irto di santo terrore. 

Le funzioni cosmiche del dio-Luna Nanna-Sin erano essenzialmente illuminare la notte, misurare il tempo e fornire fertilità

Di Patrizia De Vincenzi