La Dodicesima Casa (I parte)

Condivido con voi questa ricerca che presentai come tesina del primo anno al corso di studi con Lidia Fassio. L’articolo è stato originariamente pubblicato sul sito della scuola, Eridano School.

Introduzione

La natura della dodicesima casa è elusiva e di difficile comprensione, poiché presuppone la contemporaneità di tutte le sfaccettature dell’essere, che qui si fondono armonicamente in un tempo/non-tempo in eterno rifluire. In questo settore astrologico, che spesso viene erroneamente definito come “la tappa finale” (forse a causa della naturale tendenza degli occidentali a percepire il tempo in modo lineare anziché circolare), convivono le infinite contraddizioni dell’esistenza, come migliaia di fotogrammi che vengano sovrapposti l’uno all’altro e poi osservati attraverso una
lente grandangolare.

La vera essenza di questa casa non può essere spiegata tramite processi razionali, ma soltanto compresa, nel senso etimologico di “contenuta in sé”. L’unico linguaggio in grado di illustrare questo ambiente metafisico è quello poetico-simbolico, ben rappresentato dalla funzione di Giove, che qui è in domicilio secondario per cosignificanza col segno dei Pesci. Per questa ragione, credo che i resoconti più fedeli della dodicesima casa possano essere trovati nel mondo dell’arte, soprattutto nelle opere di artisti che vedano una predominanza di questo settore nel proprio tema natale. Possiamo fiutarne l’essenza immergendoci nei mondi onirici e paradossali dei pittori surrealisti, come René Magritte (Sole in dodicesima) e Salvador Dalì (Nettuno in dodicesima), abbandonandoci alle melanconiche destrutturazioni musicali di Erik Satie (Luna e Urano in dodicesima), sfogliando i flussi di coscienza di Virginia Woolf (Luna, Saturno, Nettuno, Giove e Plutone) e le suggestive trasfigurazioni della realtà di Gabriel Garcia Marquez (Venere e Luna), o rievocando la nostalgia d’infinito del nostro Giacomo Leopardi (Nettuno in dodicesima).

Le vicende biografiche di questi artisti sono anch’esse emblematiche per quanto riguarda la gamma di esperienze che il dodicesimo campo ci porta a vivere, e questa gamma è davvero policroma: se Leopardi si dibatté in un alienante senso di diversità e si sentì sempre esiliato dalla vita, Dalì abbracciò la sua stravaganza e la trasformò in arte di vivere, esplorando l’inconscio col suo “metodo paranoico-critico” che gli consentiva di tuffarsi nel delirio per poi sistematizzarlo e trasferirlo su tela. Ancora, la Woolf fu soggetta a continue crisi visionarie che la costringevano a letto per mesi e rendevano la stesura di ogni romanzo un doloroso travaglio, mentre Marquez, colto dall’estasi dell’ispirazione mentre era in viaggio verso Acapulco, rinunciò alla sua vacanza per rintanarsi a scrivere quel “Cent’anni di Solitudine” che gli valse un Nobel. È evidente che qualunque segnatura astrologica ha valore puramente indicativo, in quanto potenzialità che può essere espressa nei modi più disparati o non essere espressa
affatto, e la dodicesima casa non fa eccezione.

Tutte le esperienze portate come esempio, così diverse tra loro, hanno tuttavia un unico fulcro, potremmo dire un nucleo esperienziale che le accomuna: il riconoscimento della natura olografica della realtà, ovvero la comprensione che tutto il mondo esterno è dentro di noi. La dodicesima casa rappresenta l’esperienza dell’anello mancante, quel quid inesprimibile a parole che anima – e dà anima – a tutto il percorso compiuto attraverso le altre case. Qui troviamo l’origine e il punto d’arrivo del nostro intero cammino evolutivo che, attraversando il tempo e lo spazio, si dispiega lungo le undici tappe astrologiche per poi tornare al punto di partenza e ricordarci che non ci eravamo mai mossi, perché ogni possibile vissuto era già lì, nel nostro spirito. A causa della co-significanza con i Pesci, qui la percezione dell’esistenza è di natura paradossale; non esistono confini netti tra sé e gli altri, né c’è alcuna linea di demarcazione che divida il bene dal male. La molteplicità si dissolve nell’unità, l’infimo sposa il sublime e l’assassino convive con il santo; non esistono giudizi di valore, c’è solo l’essenza in quanto tale.

Essenza che spesso, se non viene riconosciuta e accettata, fa a pugni con l’esistenza, provocando il lungo elenco di disgrazie popolarmente attribuite alla casa, che in realtà hanno il solo scopo di indirizzare la nostra attenzione verso l’interno. La dodicesima è al tempo stesso la somma e la sottrazione di tutte le identità possibili, con l’aggiunta di qualcosa in più: il riconoscimento dell’origine divina dell’uomo. Le proiezioni e le rifrazioni dell’essere, che nelle altre case si erano manifestate in precisi campi di esperienza, qui si confondono in un sentire che di per sé è unitario, ma che può essere percepito dall’uomo come frammentario, incongruo e delirante; questo perché il cervello umano può conoscere le cose soltanto circoscrivendole e isolandole dal resto, in modo da definirle.

Mercurio, simbolo della funzione cognitiva del pensiero e governatore dell’opposta casa sesta, opera grazie al principio di dualità: discerne (etim. scinde in due parti) le cose dividendole (vedendole due volte), le confronta e in questo modo perviene a una conoscenza. Conosce la natura di A paragonandolo a B, poiché sa che B è ciò che A non è. Questo in casa dodicesima non è possibile: qui A diventa B, e allo stesso tempo diventa anche C, D, E, F, e così via; siamo “Uno nessuno e centomila”, come scriveva Pirandello che non a caso aveva ben tre pianeti nel settore
(Venere, Luna e Plutone). L’essere umano, però, non è in grado di percepire la contemporaneità degli stati d’essere; ecco perché a livello psicologico questa segnatura può essere piuttosto difficile da vivere.


Oltre a Mercurio, in casa sesta troviamo Y-Chronos, il signore che scandisce il ritmo ciclico del divenire insegnandoci che ogni evento ha un inizio e una durata – siamo nel campo della realtà fenomenica, del resto. In dodicesima, al contrario, troviamo il
domicilio di Nettuno, la cui atemporalità si oppone a Y-tempo. Quest’asse, dunque, traccia un collegamento simbolico tra la realtà macroscopica, governata dalle leggi causali della relatività generale, e quella microscopica, in cui vige il principio
quantistico di non località, grazie al quale l’informazione può essere trasferita istantaneamente da una particella all’altra.

Il legame con la Sesta Casa

Quando si parla di segni e case astrologiche, si tende sempre a valutarli individualmente, svincolandoli dal resto dello schema zodiacale. Questo è utile se vogliamo far luce sulle valenze specifiche del singolo settore che stiamo analizzando, ma lo studio risulta incompleto se ogni polo non viene poi messo in rapporto con il suo opposto. In realtà segni e case funzionano come coppie di complementari, tecnicamente denominate assi. L’Ariete, per fare un esempio, è sempre in relazione di interscambio con la Bilancia, allo stesso modo in cui la prima casa si riflette sulla settima e viceversa; si parla infatti di asse prima/settima. Discorso analogo vale per le case a seguire. In pratica l’astrologia ci insegna che non possiamo affermare l’Io (casa prima) se non c’è un Altro che risponda a quest’affermazione (casa settima), che non esiste anabolismo (casa seconda) senza catabolismo (casa ottava), né c’è significante (casa terza) senza significato (casa nona), e così avanti.

Se è vero che la regola vale per tutti gli assi, è imprescindibile nel caso della sesta e della dodicesima, in relazione talmente stretta da essere reciprocamente dipendenti. Per comprendere la connessione tra le case di un asse, è bene tentare di non valutarle
non come due ambiti antitetici, bensì provando a collegarle in modo circolare, come se il prolungamento di ognuna sfociasse nell’altra. Spingendo agli estremi la simbologia di ogni settore astrologico sconfineremo inevitabilmente nel territorio opposto.
Proviamo a pensarci: la casa sesta simboleggia l’ordine, mentre la dodicesima è la confusione; la prima è una casa fisica, naturale, e presiede all’adattamento alla vita terrena; la seconda è invece metafisica, sovrannaturale, e riguarda l’aderenza alle
nostre radici celesti. Di primo acchito saremmo portati a considerarle in netta contrapposizione tra loro, addirittura inconciliabili. Del resto la sesta casa vuole il mondo diviso in compartimenti stagni e persegue una sistematica scomposizione
della realtà nei suoi elementi fondamentali, in modo da ordinarla secondo uno schema gerarchico, cosa impensabile per la dodicesima. Ma cosa accade quando spezzettiamo le cose e ne analizziamo ogni dettaglio sempre più minuziosamente? Perdiamo la visione di insieme e sprofondiamo nella confusione. Possiamo fare una semplice prova quando leggiamo: vi è mai capitato di soffermarvi a indagare il reale significato di ogni vocabolo, le sue radici etimologiche, la sua funzione grammaticale all’interno
di una frase o, addirittura, l’origine delle singole lettere da cui è composta? Man mano che ci soffermiamo sui particolari e li scolleghiamo dal senso generale della frase, è come se le parole, a forza di caricarsi di significati specifici, perdessero di senso. A questo punto la lettura cessa di essere un processo spontaneo e diventa impossibile seguire il filo, perché la mente precipita nel caos, trovandosi immediatamente catapultata nell’ambito della casa dodicesima.

Una mente verginea troppo pedissequa, del resto, può inseguire l’ordine al punto tale da sconfinare nella follia.
La stessa cosa avviene nel mondo fisico; la tassonomia classifica la natura in modo schematico e preciso, ma se iniziamo a scomporre la materia in molecole, cellule, atomi e infine quanti e stringhe, ci addentriamo in una realtà sempre più confusa. Le regole della fisica ordinaria decadono, gli elettroni si dissolvono in nubi di
probabilità, comunicano in modo non locale grazie al fenomeno dell’entanglement, si proiettano nel futuro e, addirittura, si bilocano attraversando due diverse fessure nello stesso istante.

È vero che, fino a un certo punto, è possibile vivere la sesta casa ignorando la dodicesima; possiamo adattarci alla routine, seguire la tabella di marcia e preoccuparci soltanto di ciò che è essenziale alla sopravvivenza biologica. È invece assolutamente impossibile vivere la dodicesima senza il supporto della sesta. Passando in rassegna i temi del settore, scopriamo che abbiamo sempre bisogno dei pianeti della casa opposta per poterli esprimere in modo sano. Nessuna intuizione spirituale può accedere alla coscienza senza essere decodificata da Mercurio; nessun artista può creare valide opere d’arte se non sviluppa competenze tecniche con perizia
(Mercurio), disciplina (Saturno) e costanza nel tempo (Y-Chronos); se l’arte è spirito reso tangibile, del resto, come potrebbe incarnarsi se non attraverso Saturno?
Proseguendo con le altre simbologie, sappiamo che l’illuminazione spirituale può essere raggiunta attraverso una sistematica pratica meditativa che richiede numerose rinunce, tra cui l’astensione da certi cibi, dall’alcool, dal fumo e dal sesso. Gli ordini esoterici richiedono l’affrontamento di dure prove iniziatiche e l’aderenza a precisi codici comportamentali. L’opera alchemica si compone di fasi rigorose che non possono essere esperite se non si completa ogni tappa precedente.

Persino per viaggiare nei piani astrali è necessario superare i Guardiani della Soglia (Saturno), e una volta svegli non ricorderemmo nulla se Mercurio, con l’ausilio della Luna, non
traducesse le esperienze in concetti intelligibili. Anche una semplice preghiera richiede di essere imparata e memorizzata (Mercurio) e necessita di un raccoglimento interiore che si può raggiungere solo concentrandosi (Saturno) e distaccandosi dal
mondo circostante. Se poi andiamo a osservare i luoghi di reclusione tradizionalmente attribuiti alla dodicesima, ci accorgiamo che monasteri, collegi, ospedali e carceri sono tutti ambienti in cui vigono regole rigide e in cui le giornate
sono scandite da ritmi inflessibili. È imposto il silenzio, bisogna indossare un’uniforme, ci si sveglia all’alba e gli orari di pasti e attività sono categorici; le simbologie delle due case anche qui si fondono.

Del resto, senza un buon radicamento nella realtà e senza una capacità critica di discernimento (Saturno e Mercurio), sarebbe molto facile scivolare nel delirio e nella follia, quando si entra in
contatto con realtà così distanti da quella terrena.

La Dodicesima Casa prenatale


La prima esperienza che l’essere umano fa di questa casa risale ai mesi finali della vita intrauterina, indicativamente dal settimo in poi. A questo punto della gestazione la struttura fondamentale del feto si è già formata e, se questi dovesse nascere prematuro, avrebbe buone possibilità di sopravvivere sotto controllo medico. Tutte le sue energie sono quindi impiegate nella crescita e nel raffinamento delle sue funzioni biologiche: i polmoni si rafforzano (Y), aumentano i depositi di grasso sottocutaneo (Giove) e tramite la placenta vengono acquisiti gli anticorpi. Il liquido amniotico (Nettuno) è arrivato a raggiungere il litro; diminuirà verso la fine della gestazione. Rispetto ai mesi precedenti, nei quali si sono avvicendati vertiginosi mutamenti, le cose si fanno più lente e lo spazio della vita psichica del feto comincia ad ampliarsi.
L’ultimo senso a formarsi nella vita prenatale è la vista (governata da Giove), che continuerà a svilupparsi dopo il parto. Dopo la ventiseiesima settimana la retina si è formata e le palpebre si schiudono; alla trentatreesima settimana le pupille reagiscono
alla luce dilatandosi e restringendosi in risposta alla sua intensità. Trovandosi in un ambiente perlopiù buio, il nascituro non ha molte occasioni di raffinare il discernimento ottico, ma è stato dimostrato che, se la mamma non indossa vestiti, il piccolo riesce a vedere l’alone rossastro della luce che filtra attraverso la pelle.
Inoltre, se si muove una piccola luce sulla pancia, i suoi occhi ne seguono la traiettoria. Certo, soltanto dopo la nascita il bambino sarà esposto al mondo esterno e potrà quindi percepire fisicamente tutta la gamma delle frequenze luminose; nonostante ciò, a mio parare c’è una buona possibilità che in questa fase prenatale si
faccia esperienza del colore puro, vissuto non come fenomeno sensoriale, ma come visione interiore dell’archetipo luminoso. Il colore, del resto, non è una proprietà degli oggetti, bensì un modo in cui il cervello traduce le impressioni raccolte dal nervo ottico. Potremmo dire che i colori sono istanze innate all’interno di noi, che gli impulsi luminosi non fanno altro che attivare.

Di più: il colore, insieme alla geometria, è di fatto il simbolo archetipale più puro che esista. Prima che fossero inventate le divinità antropomorfe, col loro speciale corredo iconografico, prima che le varie manifestazioni dell’energia cosmica venissero sistematizzate e associate a particolari complessi psicologici (più affini all’ego umano che allo spirito), prima ancora di Zeus, della Madonna e degli stessi simboli astrologici, c’erano le forme e i
colori. A riprova di ciò, se si abitua un bambino molto piccolo, che non sia ancora stato esposto a condizionamenti religiosi, a meditare profondamente, questi percepirà gli archetipi sotto forma di mandala e aloni luminosi, e riferirà di aver visto delle grandi luci colorate. Per quanto riguarda le figure geometriche, sono più che altro in relazione con Saturno e Urano, e sarei portato a collegarle alla casa undicesima. Nella dodicesima, del resto, non esiste forma. Tutto è inarticolato e privo di contorni.


Il domicilio di Giove-vista, però, rende lecito supporre che qui vengano a svilupparsi quegli stessi fenomeni entoptici che si sperimentano in stato di profondo rilassamento o sotto l’effetto di sostanze psicotrope. Graham Hancock, nel suo libro “Sciamani”,
riferisce che l’assunzione di alcune piante allucinogene, come l’iboga e l’ayahuasca, provocano visioni analoghe in persone dai retroterra culturali molto diversi tra loro; l’autore, che ha provato queste sostanze in prima persona, riferisce di aver visto immagini che corrispondono in modo impressionante a dipinti di sciamani che avevano assunto le stesse sostanze, e che egli non conosceva prima di documentarsi.
Addirittura è stata scoperta una sbalorditiva concordanza tra queste visioni entoptiche e numerose incisioni rupestri le quali, a loro volta, presentano tratti molto simili tra loro pur appartenendo a tribù lontanissime le une dalle altre. È quindi ragionevole
pensare che in casa dodicesima il nascituro “riceva” per osmosi la visione di questi archetipi essenziali, come se li scaricasse dal grande database dell’Akasha (o dell’inconscio collettivo, per dirla come Jung). Nello specifico, penso che in dodicesima il feto formi la sua tavolozza interiore e stringa quel particolare legame tra colori e stati d’animo che prende il nome di sinestesia.

Per sinestesia si intende propriamente “la fusione in un’unica sfera sensoriale delle percezioni di sensi distinti” (Sabatini Coletti). In campo medico è considerato per lo più un disturbo neurologico, un’anomalia (in piena assonanza con le simbologie della dodicesima casa, che può significare alienazione rispetto ai canoni sociali), ma in letteratura è anche una figura retorica che combina tra loro qualità appartenenti a diversi ambiti sensoriali (“Io venni al luogo d’ogni luce muto”, dalla Commedia di Dante). Può interessare un’associazione tra colori e grafemi, tra suoni e colori, oppure tra suoni e forme, tra odori e colori, e così via.

Questa capacità di legare le tinte cromatiche ai moti dell’animo può andare perduta nel corso della vita, oppure essere conservata e raffinata – specialmente in presenza di
una dodicesima casa, di Nettuno o dei segni Pesci e Sagittario stimolati positivamente. Soprattutto se sono presenti pianeti “visivi” come Giove e Venere (e solo se l’insieme del tema natale lo conferma), è possibile avere fenomeni di lettura lucida dell’aura, doti cromo-terapeutiche, talento pittorico o capacità di tradurre le
visioni in musica o in parole. Numerosi artisti dotati di sinestesia hanno questa segnatura astrologica: la cantautrice Tori Amos (Nettuno in dodicesima) racconta che, quando compone, «le canzoni appaiono come filamenti di luce, una volta che ho
decifrato il loro codice; non ho mai visto la struttura di una canzone duplicarsi. Immaginatevi il più bel caleidoscopio mai esistito».

Similmente, Duke Ellington (tema non domificato) disse: «Sento suonare una nota da un certo membro della band, ed è di un colore. Poi sento la stessa nota suonata da qualcun altro, e ha un
colore diverso. Se suona Harry, il Re è una tela di juta blu scuro; se suona Jhonny, il Sol diventa satin azzurro chiaro». Il fisico teorico Richard Feynmann (Marte in dodicesima), rivelò che quando leggeva delle equazioni le lettere gli apparivano sotto
forma di colori: «Apro un libro con le funzioni di Bessel, e prendono a svolazzarmi intorno delle J color bronzo chiaro, delle N blu-violetto e delle X marrone scuro. E mi chiedo come diavolo appaiano agli studenti». Ancora, Arthur Rimbaud, che aveva
in dodicesima casa un’estetica Venere in Bilancia congiunta alla Luna, scrisse quell’inno alla sinestesia che è la poesia “Voyelles”, in cui attribuisce a ogni vocale una tinta, facendo diventare la A nera, la E bianca, la I rossa, la U verde e la O blu.


C’è da considerare che tutti gli esseri umani sono dotati una percezione sinestetica latente e che molti la vivono senza esserne consapevoli – chi mai, del resto, si sognerebbe di chiederci: «Secondo te il mercoledì è giallo o verde?». Tutti noi, prima
di nascere, passiamo attraverso la dodicesima casa e viviamo questa fusione dei sensi; sarà poi la terza casa – vissuta a circa tre anni d’età – a dirci in che modo i sensi sono stati differenziati e come si è organizzata la percezione della realtà. Per questa
ragione anche la presenza di Nettuno o Giove in terza casa può denotare una percezione sinestetica del colore; inoltre, i rapporti tra questi due pianeti e Mercurio possono essere indicativi in tal senso. I cinque sensi non sono mai del tutto scissi tra loro e in una certa misura tendono sempre a influenzarsi a vicenda; lo testimoniano i comuni modi di dire, che parlano di
“suoni cristallini”, di “parole graffianti”, di “vini dal gusto morbido, rotondo o robusto”, di “odori pungenti” e di “colori caldi o freddi”. Se poi alla vista associamo le emozioni, la gamma di detti popolari è ancora più ampia: siamo “verdi di invidia”, di “umore nero”, abbiamo “una fifa blu” e vediamo “la vita in rosa”. In lingua inglese
il blu è sia un colore che uno stato d’animo, la melanconia; una persona yellow (gialla) è codarda e una persona green (verde) è giovane, inesperta.

Sono in molti ad asserire che ogni colore abbia la sua particolare qualità energetica, associata a determinati stati psicologici. È scientificamente assodato che le tinte hanno la loro precisa frequenza elettromagnetica, che può andare dalle alte vibrazioni
del violetto (700 THz) a quelle più lente del rosso (400 THz); ciò che ai più riesce difficile credere è che a queste frequenze corrispondano altrettanti moti interiori.

“A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, / Io dirò un giorno le vostre nascite latenti: / A, nero corsetto villoso di mosche splendenti / Che ronzano intorno a crudeli fetori, / Golfi d’ombra; E, candori di vapori e tende, / Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbelle; / I, porpora, sangue sputato, risata di
belle labbra / Nella collera o nelle ubriachezze penitenti; / U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari, / Pace di pascoli seminati d’animali, pace di rughe / Che l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose; / O, suprema Tromba piena di strani stridori, / Silenzi attraversati da Angeli e Mondi: / – O l’Omega, raggio viola dei suoi Occhi”

A. Rimbaud (1874)


Chiunque ami le arti figurative non può aver dubbi in proposito: chi non ha provato un immediato senso di pace ammirando la distesa azzurra del mare in un dipinto? Chi
non si è sentito trasalire alla vista di uno squarcio rosso su una tela nera? La cromoterapia si avvale di queste risonanze emotive per ripristinare l’equilibrio psicofisico della persona, ed esistono correnti mistiche che praticano la meditazione
sui colori come forma di auto-terapia. Chi possiede il dono di leggere l’aura sa bene che il corpo astrale assume determinate colorazioni in risposta alle emozioni; così lampi di rosso vinaccia scuro indicheranno un accesso di collera, mentre una corona
di indaco puro intorno al capo suggerirà un’alta aspirazione spirituale.
È probabile che il sodalizio tra colori e stati d’animo si sviluppi proprio in dodicesima casa, ed esistono diverse tecniche di contemplazione in grado di riconnetterci alla nostra capacità visionaria innata; Massimo Scaligero, per citarne uno, nel suo
“Manuale pratico della meditazione” , consiglia di «immaginare un colore, astraendolo dal supporto sensibile mediante cui normalmente si manifesta, in modo da contemplarne il contenuto non sensibile». È possibile in questo modo, attraverso
l’azione catalizzante del colore, risalire alla sua sua natura archetipica primigenia. Per esempio, fissando intensamente un cielo azzurro senza nubi, è possibile penetrarne la
natura energetica fino a convertire la vista del colore in un sentimento devozionale onnipervasivo.

Anche Luciana Pedirota, nel suo saggio sul colore, ne promuove la
visualizzazione immaginativa come mezzo valido non solo per raggiungere un contatto intimo, più alto, con le essenze degli archetipi, ma anche per riconoscere eventuali squilibri nel nostro modo di incarnare queste essenze.
Certo, la qualità della nostra prima esperienza archetipale dipende molto dal segno e dagli aspetti che la dodicesima casa riceve e, a seconda del tema natale, alcuni vissuti psico-cromatici saranno più marcati di altri. Una dodicesima in Scorpione suggerirà che l’esperienza emotiva del nascituro era satura di tonalità forti – di rossi densi, neri profondi e bruni violacei, volendo esprimerla a colori. Il rapporto con gli archetipi sarà quindi piuttosto viscerale e, paragonandolo a un dipinto, molto più vicino agli accesi chiaroscuri di un Caravaggio, piuttosto che ai toni pastello di un Monet. Se poi sono presenti lesioni, e soprattutto se è coinvolto Plutone, c’è un’alta probabilità che le immagini interiori si siano accompagnate a sentimenti di angoscia e di pericolo incombente. Una dodicesima in Sagittario, al contrario, indicherà un rapporto con l’inconscio entusiastico e fiducioso, un immaginario fatto di colori gioiosi e brillanti.
Il Toro, dal canto suo, suggerirà un legame con gli archetipi mediato dalla concretezza della natura e dei sensi; i colori saranno saturi, netti, corposi, privi di sbavature. I Pesci e Nettuno, in quanto simboli di totalità spirituale, possono donare un assortimento cromatico particolarmente ricco, nonché una certa facilità a pescare immagini dall’inconscio, ma possono anche significare la difficoltà a discriminarle.

Tracciando un’analogia con lo spettro visibile, potremmo dire che la dodicesima casa è un fascio di luce bianca in cui i colori sono tutti presenti, ma invisibili singolarmente. È l’opposta casa sesta che, agendo come un prisma, si occupa di scindere questo fulgore abbagliante nei sette colori dell’iride – che nella ruota cromatica diventano poi dodici, proprio come i settori zodiacali. In questo modo dà loro un ordine gerarchico e li rende manifesti all’occhio umano.
Va ricordato però che il colore non è l’archetipo stesso, bensì una sua manifestazione, un simbolo spontaneo che ci viene offerto dalla natura ed è pertanto più puro di quelli creati dall’uomo. Il simbolo (dal greco “syn bàllein”, “mettere insieme”), è una corsia
preferenziale che ci permette di raggiungere il regno degli archetipi, i quali hanno natura esclusivamente immateriale; il colore, al contrario, è una radiazione elettromagnetica che contiene particelle di materia, i fotoni.
Platone divideva le idee (archetipi) in ordine gerarchico: più in basso c’erano le forme perfette e universali, per esempio quelle degli oggetti e degli animali, seguite dalle figure geometriche e dai concetti matematici; qui ci troviamo ancora nell’ambito dell’undicesima casa, perché la forma è appannaggio di Saturno, mentre la tecnica è legata a Urano. A seguire abbiamo i valori, le idee morali e religiose, fino ad arrivare al concetto di Bene Supremo, e qui entriamo nella giurisdizione della dodicesima
casa, dove esistono soltanto essenze astratte.

Nel mito della Biga Alata, Platone paragona l’anima umana a un auriga che debba guidare un carro trainato da due
cavalli, di cui uno galoppa verso l’immortalità mentre l’altro recalcitra verso il mondo sensibile. L’assonanza con il segno dei Pesci è perfetta: anche qui abbiamo due animali legati per la coda che puntano in direzioni opposte, uno verso lo spirito e
l’altro verso la materia. Platone poneva però in netta contrapposizione anima e corpo, collegando la prima al bene e il secondo al male. In dodicesima casa la dicotomia tra
bene e male è superata, e la materia si collega allo spirito grazie a Giove, che si fa ponte tra immanenza e trascendenza. È appunto a partire dal settimo mese di vita prenatale che viene a formarsi questo collegamento; in questo caso il ponte va dallo
spirito alla materia, in discesa, ed è vissuto come percezione passiva – il governatore primario è pur sempre Nettuno. In nona casa lo stesso ponte sarà percorso in senso inverso, in modo attivo e volontario, diventando, grazie all’azione connettiva
dell’immaginazione, una “via di ritorno a casa”. La quadratura tra nona e dodicesima casa, in quest’ottica, può significare una difficoltà ad attraversare questo ponte, un’incapacità di trovare tracce dello spirito in ciò che è manifesto o, al contrario, a
tradurre in vissuto concreto la propria spiritualità. Può anche rappresentare la difficoltà ad avvalersi dei simboli come traghettatori verso il mondo degli archetipi, sostituendoli con guru e idoli divini a cui ci si affida passivamente, dimenticando che
dobbiamo partecipare attivamente del divino. Un altro rischio, infine, è quello di confondere l’archetipo con il simbolo, fermandosi a quest’ultimo e incorrendo nel cosiddetto “peccato di idolatria” che ci fa adorare le icone come fossero essenza viva.


Torniamo alla vita prenatale. Unitamente allo sviluppo della vista, in dodicesima casa si registra un incremento dell’attività cerebrale: a partire dalla ventiseiesima settimana il feto presenta un’alternanza di sonno quieto e sonno attivo, nel quale si registrano i primi movimenti oculari, propri della fase REM. Sebbene non possa essere provato con certezza, è probabile che sia presente una forma di vita onirica. Dalla ventottesima settimana in poi il sonno attivo si intensifica, indicando che la corteccia è impegnata a elaborare il vissuto psico-corporeo del feto traducendolo in un nucleo di memorie essenziali. Quando si parla di sonno e di memoria è impossibile non pensare alla Luna, che proprio qui si trova in esaltazione e ci indica che nel nascituro
si va formando un rudimentale senso di sé, non ancora attivo come nelle case governate dal Sole, bensì passivo e ricettivo – osmotico. La Luna-memoria si presenta dunque come trait d’union tra la vita prenatale e quella neonatale, amalgamando le esperienze personali del feto alle emozioni materne (Luna-madre), che qui vengono percepite con grande intensità e assorbite dall’inconscio.

Una bella dodicesima casa, quindi, indica che la connessione affettiva tra madre e bambino è stata positiva e feconda, e che le immagini interiori sono foriere di benessere per l’anima. Al contrario, una brutta dodicesima indica che l’inconscio della madre ha contaminato quello del bambino, impregnandolo di contenuti confusi e disfunzionali che possono ostacolare il suo progetto di vita. Comunque sia andata, il bambino una volta nato avrà già la sua storia personale, conservata grazie all’attività mnemonica
della Luna e scritta sul suo corpo. È attraverso quest’ultimo che spesso l’inconscio ci parla; le memorie prenatali e i vissuti rimossi sono registrati sulla pelle, nella tonicità muscolare, nelle espressioni facciali che si tramutano nel tempo in tratti somatici. Il
corpo, insomma, ricorda anche ciò che la mente ha dimenticato. Gli accadimenti esterni, nel corso della vita, andranno poi a risvegliare quelle particolari esperienze emotive, che si manifesteranno nei punti corrispondenti della mappa corporea – viceversa, stimolando certi punti del corpo è possibile sbloccare emozioni represse.
L’emotività lunare è sempre strettamente collegata alle reazioni corporee. Secondo Liz Greene, la Luna dice «qualcosa del modo con cui l’individuo esprime se stesso non come individuo, ma come creatura di istinto. In altre parole, simboleggia la sua natura istintuale e non-razionale».

È chiaro che queste risposte istintuali passano necessariamente attraverso il corpo, che reagirà con distensioni o contrazioni
muscolari, arrossamenti, afflussi sanguigni, senso di calore o di freddo, pruriti, fitte, scatti fulminei in attacco o in ritirata, e così via.

Negli ultimi mesi di gestazione abbiamo anche un progressivo aumento di volume del feto con conseguente diminuzione dello spazio disponibile. Il bambino si trova sempre più limitato nei movimenti, che fino a quel momento erano completamente
liberi. Nei mesi precedenti aveva conosciuto ed esplorato lo spazio rotolandosi in libertà, allungando le braccia sopra la testa e ribaltandosi; con gli arti in via di sviluppo aveva iniziato a tracciare linee nel vuoto, e questi andamenti lineari si sono impressi nell’inconscio sotto forma di movimenti interiori; poi ha interiorizzato il senso del ritmo scalciando contro le pareti dell’endometrio, e in questo modo ha imparato a misurare il tempo e lo spazio. Ora però è grande e si trova costretto in uno
spazio limitato. Non essendo più libero di spaziare con il corpo, è costretto a farlo con la mente; ecco che si fa preziosissimo l’incremento dell’attività onirica, perché i movimenti registrati dal corpo possono essere rivissuti grazie all’immaginazione –
che etimologicamente è immagine di un’azione, ovvero azione immaginata. Il periodo in cui era possibile volteggiare in assenza di gravità, in uno spazio percepito come immenso, viene ora ricordato come uno stato paradisiaco – siamo pur sempre nel territorio di Luna e Nettuno, che uniti producono una particolare nostalgia
dell’infinito. Tra le dieci e le quattordici settimane, infatti, il feto era ancora molto piccolo – misurava dai tre agli otto centimetri di lunghezza – e poteva destreggiarsi in capriole, torsioni e stiramenti degli arti; già a partire dal quinto mese, nella fase dell’undicesima casa, si è dovuto confrontare con i limiti dello spazio (domicilio di
Saturno), e ha abbandonato l’esperienza dell’infinità accettando i confini di una forma finita. Ora, arrivato alla fine del percorso prenatale, non può più sgranchirsi a suo piacimento e deve starsene raggomitolato. Nell’ultimo mese dorme quasi tutto il giorno e impara che quell’antico stato di estasi non può essere raggiunto con il corpo, ma soltanto con il cuore e con la mente. Anzi, è proprio la costrizione fisica a dargli lo slancio per tuffarsi nel regno degli archetipi, grazie all’attività onirico-immaginativa.

La stessa condizione si ripropone nel corso della vita; per questa
ragione la dodicesima è tradizionalmente ritenuta la casa della clausura, dei carceri e degli ospedali, tutti luoghi in cui si è in qualche modo imprigionati e ci si deve affidare alla vita interiore. Il riflesso di Saturno dalla casa opposta qui agisce come
inibitore del movimento. Ma com’è, allora, che una periodo caratterizzato da angustia e da una costrizione quasi soffocante, viene visto dagli astrologi come uno stato di beatitudine edenica?
La risposta sta nello scambio d’amore tra la mamma e il nascituro, che rende il soggiorno un’esperienza paradisiaca. Questo scambio avviene su un piano sia sottile che fisico, tramite le sostanze chimiche prodotte dal cervello materno. Qui impariamo
ad affidarci, ad abbandonarci all’amore, a farci cullare dalle morbide carezze del liquido amniotico. Nettuno svolge un’azione anestetizzante, mentre la Luna svolge una funzione consolatoria; grazie a quest’ultima, il feto sperimenta il piacere del
contenimento in un bozzolo caldo, alle cui pareti la sua schiena aderisce alla perfezione. Anche in questo caso, saranno poi il segno e gli aspetti planetari a dirci com’è stata vissuta questa limitazione: con una bella Luna ci si sentirà protetti e coccolati, con un glorioso Nettuno avremo l’utero a cinque stelle di cui parla Sasportas, mentre un Saturno male aspettato indicherà che ci si è sentiti confinati in una prigione scomoda. Se la connessione emotiva con la madre è insufficiente o disturbante, questa fase della gravidanza può essere un vero e proprio inferno: in questo periodo più che mai siamo dipendenti da lei, non solo da un punto di vista
organico, ma anche psicologico. L’apparato cerebrale, infatti, è ormai quasi del tutto formato, ed è in grado di percepire ed elaborare un’ampia gamma di stimoli. Il ruolo decisivo è svolto dalla placenta, che connette il feto alla madre e funge da polmone, da rene e da apparato digerente, perché è grazie a essa che il feto assorbe le sostanze nutritive. Ma c’è di più: attraverso la placenta il bambino assorbe sostanze chimiche come le endorfine e l’adrenalina, che raggiungono il suo cervello alterando
positivamente o negativamente il suo stato psichico. Un recente studio del dottor Bonnin, della USC, pubblicato sulla rivista Nature nel 2011, ha dimostrato che la placenta sintetizza la serotonina e la immette nella circolazione fetale, facendo sì che il bambino provi un senso di rilassamento e benessere. Il bambino sente letteralmente le stesse emozioni della madre; se questa è soggetta ad accessi d’ira o a forti spaventi, il bambino sarà investito da ondate di adrenalina che, a causa dello spazio ridotto,
non potrà scaricare col movimento fisico (può essere il caso di un Marte leso). Se la mamma è stressata e incapace di rilassarsi, i livelli di cortisolo aumentano anche nel feto, influendo negativamente sul suo sviluppo e sulle sue risposte immunitarie. In
questa fase avviene l’acquisizione degli anticorpi materni – ricordiamo che l’asse sesta/dodicesima è anche l’asse della salute; Il cortisolo, però, inibisce le funzioni corporee non indispensabili nel breve periodo, abbassa le difese immunitarie e provoca una riduzione della crescita. Per questa ragione, opposizioni con la sesta casa possono essere indicatori di salute fragile, specialmente se sono presenti pianeti come Marte e Urano, forieri di stress e agitazione. Questi aspetti, oltre a inibire lo sviluppo fisico (il cortisolo rallenta la crescita dei tessuti), possono provocare disturbi dell’umore che si protraggono fin nell’età adulta, causando tendenza all’ansia e alla depressione.

Insomma, il benessere del bambino è strettamente legato allo stato psicologico della madre e alle informazioni chimiche che questa gli invia. Dal punto di vista fisico, il feto è completamente dipendente dalla placenta. La dodicesima, del resto, è una casa di dipendenza, a ricordarci che siamo sempre connessi al resto della creazione,
insieme alla quale dobbiamo respirare. Se è vero che siamo padroni di noi stessi e del nostro operato, e quindi responsabili del nostro destino individuale, è altrettanto vero che ogni nostra azione, pensiero e stato emotivo si emana all’esterno, modificando
inevitabilmente tutto ciò che ci circonda; gli effetti possono essere concreti oppure agire su un piano sottile, andando a influenzare le idee e le emozioni altrui. Allo stesso modo, neppure noi siamo del tutto immuni da ciò che ci circonda; possiamo schermarci e proteggerci, certo, ma se questa diventa un’abitudine finiamo per
sclerotizzarci in una corazza protettiva che nulla lascia entrare e a nulla permette di uscire, imprigionandoci in uno stato di cattività che finisce col trasformarci in persone, appunto, cattive (dal latino captivus, prigioniero). La soluzione è quella di trasformare le cose negative che ci colpiscono, riconoscendo che ogni cosa che
attiriamo dall’esterno è uguale e speculare a ciò che emaniamo, e andando a trasmutare questi difetti dentro di noi. In alchimia si parla di lebbre dei semi metallici. Per fare un esempio, l’oro è associato al Sole e le virtù che simboleggia sono la centralità dell’essere, la nobile fierezza e la capacità di donarsi. Questa virtù
può corrompersi qualora le qualità dell’oro siano sbilanciate, manifestandosi in eccesso o in difetto. Nel primo caso il metallo sarà corroso e avremo la superbia, nel secondo caso il metallo sarà immaturo e darà insicurezza. Entrambe le espressioni fanno capo allo stesso nucleo d’esperienza e, dal momento che tutto è duale, sarà inevitabile che un oro immaturo e codardo incontri sulla sua strada un oro combusto e arrogante, proiettando davanti a sé il doppio speculare della sua lebbra. Questo perché ogni insicuro è un superbo latente e ogni superbo nasconde insicurezza repressa. Una volta riconosciuto ciò, si capirà che l’unico modo per proteggersi dai mali del mondo è quello di risanare la propria anima. Nell’asse prima-settima questi eccessi possono essere temperati attraverso il rapporto con l’altro; in ottava casa si purificano con la catarsi sciamanica; in dodicesima, invece, la guarigione è di tipo
mistico e può avvenire solo con l’apertura devozionale del cuore. A questo punto la dipendenza si trasforma in interscambio volontario. Se il concetto di responsabilità di Saturno è stato integrato in casa decima, e se siamo usciti dall’undicesima con la
capacità di collaborare nel rispetto delle diversità, allora il dodicesimo campo viene vissuto in modo limpido, con il cuore aperto, amando il prossimo nostro come noi stessi ma anche amando noi stessi come il prossimo nostro – cosa che spesso i Pesci
dimenticano di fare; a questo punto non c’è più alcuna differenza tra ciò che facciamo per noi e ciò che che facciamo per gli altri. Viviamo così uno stato di libertà assoluta e al contempo di totale simbiosi con quanto ci circonda. La stessa dicotomia si può vedere nella funzione della placenta. Da una parte questa fa sì che il feto sia completamente irrorato dagli umori materni, carne nella sua carne; d’altro canto, pur mettendo i due organismi in stretta relazione, è anche una barriera che filtra le sostanze nocive per il feto e fa sì che la sua circolazione sia completamente autonoma: il sangue della madre e quello del bambino non entrano mai in contatto diretto. Insomma si tratta di due organismi sì in simbiosi, ma ben distinti l’uno dall’altro, che la placenta divide e connette fungendo da intermediario. Questo spiega la presenza di Venere in casa dodici, che si trova in trasparenza secondo lo schema morpurghiano e in esaltazione secondo la domiciliazione classica.

Un’altra importante sostanza veicolata dalla placenta è la melatonina, che si occupa di regolare i cicli sonno/veglia in base alla quantità di luce presente. Il cervello fetale non la produce direttamente – del resto non ne avrebbe bisogno, trovandosi immerso in un ambiente buio –, quindi tutta quella in circolazione nel suo sangue proviene dalla madre; è da lei che il nascituro riceve le informazioni sui ritmi vitali. Gli studiosi hanno riscontrato che nel feto molte funzioni corporee, come il battito
cardiaco e i movimenti respiratori, sembrano avere un ritmo di circa ventiquattr’ore; ciò che non sappiamo ancora è se questo ritmo sia regolato da un orologio interno o se sia una semplice risposta passiva ai ritmi materni. È possibile che il feto usi le
variazioni dei livelli di glucosio nel sangue materno, che aumentano dopo i pasti, per regolare il suo orologio biologico. È però interessante notare che in alcuni casi il ciclo
sonno/veglia del bambino è invertito rispetto a quello della madre, il che farebbe supporre che in qualche modo sia presente un’autoregolazione interna dettata da precise caratteristiche individuali.
Certo è che in dodicesima casa proseguiamo il lavoro iniziato nei mesi precedenti: il tempo, che prima veniva misurato con i movimenti ritmici di estensione/flessione degli arti, ora diventa ciclo interiore, e va sincronizzato con i ritmi esterni. L’azione
riflessa di Y-Chronos dalla casa opposta è evidente. Anche in questo vediamo il paradosso: se da una parte siamo nella casa dell’atemporalità onirica, dall’altra questa è la fase in cui il tempo si interiorizza. È come se qui imparassimo a entrare e a uscire
dalle porte dell’eternità, grazie a Saturno che, vigilando dalla sesta casa, fa da Guardiano del Tempo. L’asse sesta/dodicesima riguarda l’adattamento in senso ampio: si tratta della capacità di integrare i voli dello spirito – che esiste al di là di ogni confine – con i ritmi della vita terrena. Ovviamente, a seconda dei valori prevalenti
nel tema, si vedrà quale delle due attitudini è privilegiata. La presenza di pianeti come Urano e Nettuno molto stimolati o lesi in casa dodici, può determinare una sorta di incapacità a sincronizzare il tempo interiore con il mondo circostante;
abbiamo così persone che hanno la netta sensazione che il proprio ritmo circadiano sia fuori sincrono rispetto alle ore del giorno e ai ritmi vitali degli altri.


Sempre in tema di (apparenti) paradossi, e tornando alla melatonina, è molto interessante il fatto che quest’ultima si trasformi per biosintesi in pinealina, un neurotrasmettitore di cui si sa ancora poco o nulla, ma che secondo alcuni è il responsabile di sogni lucidi e oobe (esperienze fuori dal corpo). Del resto il suo nome deriva dalla ghiandola pineale, tradizionalmente associata al chakra del Terzo Occhio, sede della visione interiore. Non sappiamo assolutamente nulla su questo ormone in relazione alla vita fetale, né sappiamo se la melatonina materna, una volta entrata in circolazione, sia in grado di sintetizzarlo, ma l’argomento è molto significativo, se non altro a livello simbolico: significherebbe che l’azione incrociata di sesta e dodicesima casa ci consente di accedere a stati di coscienza superiori – e qui ci
ricolleghiamo all’eventualità che in questi mesi si formi un ponte tra l’uomo e gli archetipi celesti.

La dodicesima è anche definita la casa della preveggenza; qui il feto si prepara al momento del parto. Sa che dovrà nascere, e sarà lui a stabilire il momento giusto inviando alla madre i segnali chimici che scateneranno le prime contrazioni. Prima che ciò accada, raccolto nella sua crisalide amniotica, il bambino pre-vede e pre-sente il passaggio a un mondo sconosciuto, quello della vita terrena; regna intorno a lui un’atmosfera di sospensione e di attesa, aleggia il presagio di un cambiamento imminente. Il nascituro sa di essere un’anima con una sua precisa identità progettuale, sente di avere uno scopo di vita all’interno del quale dovrà poi imparare a muoversi esercitando il libero arbitrio.
Ecco perché un dodicesimo settore particolarmente stimolato può rendere i nativi particolarmente abili a captare ciò che deve ancora manifestarsi (specialmente in presenza di Urano, Nettuno e Plutone). Anche la nona casa ha questa valenza, ma con una sostanziale differenza: in nona il futuro è immaginato e creato, mentre in dodicesima si impone come un destino già stabilito dal Sé. Qui l’avvenire è percepito come una reminiscenza che si riverbera da un passato lontano, si sente che “ciò che deve accadere accadrà, perché è già accaduto”, per citare Franco Battiato.

Tuttavia, per quanto sia meraviglioso sentire che tutto andrà come deve andare, questo genere di consapevolezza può trarre in inganno, degenerando rapidamente in inerzia, passività, fatalismo e vittimismo – tutti difetti tipici di valori nettuniani mal integrati.
Si tende a pensare che, se “tanto tutto è già scritto”, sia inutile agire; addirittura si può arrivare a percepire l’esercizio del libero arbitrio come una faticosa lotta contro la corrente. Si compie l’errore di credere che il destino, soltanto perché innato, non
necessiti di essere messo in opera attivamente. Ma il destino va inteso come destinazione; il fatto di conoscere la propria meta non ci esonera dal metterci in cammino verso di essa, perseverando quando la strada si fa impervia, oltrepassando gli ostacoli e ingegnandoci a trovare percorsi alternativi qualora la via maestra sia sbarrata. Il destino non si manifesta mai da solo, ha sempre bisogno della collaborazione creativa dell’essere umano, che ha il compito di portarlo a incarnazione.

Ulteriore problematica di una dodicesima disequilibrata è la carenza di filtri psicologici, che rende fortemente permeabili agli stati d’animo altrui. Ciò può far sentire il nativo sopraffatto, dissanguato ed esasperato quando si trova in mezzo agli
altri, generando così un grande senso di impotenza.

Se abbiamo questo settore particolarmente segnato nel tema di nascita, specie con aspetti dissonanti, è possibile che negli ultimi mesi di gravidanza nostra madre abbia vissuto stati emotivi intensi che noi abbiamo assorbito in eccesso, diventando dipendenti dalle continue maree emozionali – che poi sono vere e proprie inondazioni chimiche nel cervello – generate dal rapporto con gli altri. Può anche darsi che non fossero le emozioni materne a essere eccessive, ma che fossimo noi ad avere già al tempo la predisposizione innata a captare tutto ciò che si muoveva nel suo animo. Gli aspetti del tema natale sono come calamite che attraggono una specifica gamma d’esperienza tanto che, perfino in presenza della più controllata delle madri, un nettuniano sarebbe in grado di cogliere con precisione i moti reconditi del suo cuore. In ogni caso una dodicesima forte è tipica di bambini che, una volta nati, continuano a sentire con estrema facilità le fluttuazioni emotive della mamma, inizialmente, e poi di tutti gli altri, e hanno sempre bisogno di legami simbiotici per non sentirsi soli. Successivamente, quando crescono e sono costretti ad affrontare l’inevitabile distacco dai genitori (qui bisogna guardare gli assi seconda/ottava e quarta/decima), il bisogno si sposta sulle relazioni affettive e vanno alla ricerca ossessiva di qualcun altro con cui entrare in risonanza psichica, spesso incappando in rapporti tormentati che inevitabilmente li lasciano con l’amaro in bocca. L’immensità della dodicesima casa, del resto, è assoluta e indomabile; impossibile limitarla al solo rapporto di coppia, impossibile rinchiuderla nei margini ristretti di una relazione di mutua dipendenza. Lo scambio affettivo reale, umano, viene quindi sacrificato sull’altare dell’illusione – caso tipico di una Venere in aspetto dissonante con Nettuno – e si preferisce abbandonarsi a fantasie perfette che non potranno mai deludere. Si passa così alla ricerca di mondi alternativi che ricreino l’avviluppo protettivo dell’utero a cui non si riesce a dire addio; si cerca conforto nel cibo (con aspetti dinamici tra Luna e Giove), nella dimensione illusoria di internet, con le sue chat-room e le città virtuali, e nei videogiochi (caso tipico di Urano in dodicesima male aspettato), oppure ci si rifugia nei libri, nei film e nelle serie televisive, tutte attività che anestetizzano dalla freddezza della realtà e sedano l’angoscia (Nettuno è il grande anestesista del sistema solare). Quando poi il cervello non riesce più a produrre da sé quelle inondazioni chimiche da cui si è diventati dipendenti, si va alla ricerca di sostanze vere e proprie come alcool, droghe e psicofarmaci; tutto pur di placare l’angoscia che insorge in una mente assuefatta ogni volta che le maree emotive si ritirano, lasciando il posto al vuoto interiore.

– Vai alla seconda parte-

di Luca Picariello